Convegno La lingua italiana e il teatro delle diversità
Presentazione
Compagnia Italiana
Accademia della Crusca
15 e 16 marzo 2011
LA LINGUA ITALIANA E IL TEATRO DELLE DIVERSITÀ
Accademia della Crusca
Villa Medicea di Castello
Il convegno, mediante il contributo di storici del teatro, linguisti, scrittori e personalità impegnate a vario titolo nel mondo teatrale, approfondirà il ruolo attivo svolto dal teatro nella formazione di una lingua intesa come patrimonio comune dell'Italia unita, nel rispetto e nella valorizzazione delle differenze regionali, delle complessità sociali e delle molteplicità culturali.
Alla conclusione dei lavori verrà rivolto un "saluto" ideale alle lingue delle tre capitali italiane: Torino, Firenze e Roma.
Bruno Gambarotta, con il monologo Le smanie per l'Italia, farà rivivere alcune delle pagine più belle
dell'opera I Sanssôssì di Augusto Monti;
Lucia Poli darà corpo e vita alla lingua dei bottegai fiorentini in Silvana di Ugo Chiti;
Simona Marchini rileggerà Villa Glori di Cesare Pascarella.
Agenda
martedì 15 marzo
h.15.00-18.00
ore 15.00
Saluti
Nicoletta Maraschio, Presidente dell'Accademia della Crusca
Cristina Scaletti, Assessore alla Cultura della Regione Toscana
Maurizio Scaparro, Direttore del progetto Il Teatro Italiano nel Mondo
Presiede: Nicoletta Maraschio
Interventi:
Siro Ferrone, Professore ordinario di Storia del Teatro e dello Spettacolo (Università di Firenze)
La fisima del teatro nazionale
Quando l'Italia era divisa in stati politicamente diversi, gli attori delle diverse città condividevano gli stessi testi in adattamenti e versioni dialettali diverse, mentre i grandi scrittori tentavano di inventare una drammaturgia nazionale fondata sull'italiano letterario. Il tempo ha dimostrato - soprattutto nel XX secolo - che i primi, gli attori drammaturghi, avevano un futuro mentre i secondi, i letterati prestati al teatro, no.
Nicola De Blasi, Professore di Storia della lingua italiana (Università di Napoli "Federico II")
Tra napoletano e italiano nel teatro di Napoli
La distinzione tra napoletano e italiano, soprattutto se prospettata come contrapposizione statica, non è sufficiente a dar conto delle articolate componenti linguistiche dei testi degli autori teatrali napoletani. Da Scarpetta fino a Ruccello (e oltre), infatti, pur con le specificità del teatro, essi si collegano o alludono a una realtà complessa e dinamica, in cui le diverse varietà linguistiche entrano in contatto e in interferenza.
Carmelo Alberti, Professore di Storia del Teatro e dello Spettacolo (Università Ca' Foscari di Venezia)
La lingua teatrale veneziana, sotto le ali del "grande attore", negli anni dell'Unità
L'intervento verte sulla presenza nel repertorio delle compagnie primarie dei testi in veneziano (soprattutto quelli goldoniani) e, nello stesso tempo, del definirsi di una lingua veneta (ma a base veneziana) dei "buoni sentimenti", con i testi di Luigi Sugana, Giacinto Gallina, Riccardo Selvatico, Gino Rocca, e con la nuova generazione di attori veneti quali Angelo Moro Lin, Emilio Zago, Ferruccio Benini.
Tina Matarrese, Professore di Linguistica italiana (Università di Ferrara)
Lingue in scena: la riforma goldoniana
"Lingue in scena", non le lingue tipizzate delle maschere ma le lingue uscite dalla riforma del teatro "comico" cui mirava Goldoni: lingue reali, capaci di rappresentare la varietà e complessità del mondo, nella fattispecie Venezia, la città-mondo al centro dell'osservazione del commediografo. Un teatro linguisticamente bifronte, che per un verso inventa un italiano scenico che simula la conversazione delle persone «qualificate», per l'altro verso promuove il veneziano, riscattandolo dagli stereotipi. È quanto s'intende dimostrare attraverso alcuni momenti del percorso di Goldoni che, nel rivoluzionare le regole e la pratica del genere, cercando un linguaggio drammatico che fosse «imitazione delle persone che parlano», valorizza contemporaneamente l'italiano e il dialetto.
Stefania Stefanelli, Ricercatrice di Linguistica italiana (Scuola Normale Superiore di Pisa)
Francesco Niccolini, Drammaturgo e sceneggiatore
Lingua italiana e diversità regionali nel teatro di narrazione
Il complesso e articolato rapporto tra lingua italiana, dialetti e italiani regionali sulla scena, nel corso degli ultimi anni ha prodotto esiti innovativi, sia dal punto di vista testuale che da quello scenico, nell'ambito del teatro di narrazione. Attraverso alcuni esempi concreti, Francesco Niccolini proverà a raccontare per brevissime linee percorsi, poetiche, lingue reali e immaginarie del suo teatro di narrazione tra il 1996 e il 2011, dal veneziano di Marco Paolini al salentino di Fabrizio Saccomanno.
mercoledì 16 marzo
ore 10,00-13,00
Presiede: Maurizio Scaparro
Interventi:
Enrico Fiore, Scrittore e giornalista de "Il Mattino"
Le lingue napoletane del teatro
Non è unico il dialetto utilizzato dai maggiori drammaturghi partenopei. Ce ne sono diversi, legati alle ragioni profonde che connotano l'opera dei singoli autori. Qui si prendono in esame i dialetti utilizzati da Raffaele Viviani, Eduardo De Filippo ed Enzo Moscato".
Gioacchino Lanza Tomasi, Musicologo e organizzatore musicale
La lingua italiana nei libretti d'opera dell'Ottocento
Negli anni Venti dell'Ottocento, il modello linguistico dell'opera si attiene alla versificazione classicista di Vincenzo Monti. La riforma linguistica dei libretti decolla a partire dagli anni Quaranta, spostando il modello dal Monti al Manzoni; Verdi sarà l'alfiere di questo mutamento del gusto, in particolare con la predilezione per un vocabolario esagitato e popolare. Il suo poeta e "schiavo" è appunto Francesco Maria Piave. Ma il vero librettista nobile degli anni Quaranta è il napoletano Salvatore Cammarano. Con Arrigo Boito la librettistica entra infine nello stile Secondo Impero. La lingua del rifatto Boccanegra dell'Otello e del Falstaff è dotta e retorica, non sempre felice, come non è invero felice il Vittoriale degli Italiani.
Silvia Calamai, Ricercatrice di Glottologia e Linguistica generale (Università di Siena, Facoltà di Lettere e Filosofia in Arezzo)
Una lingua da palcoscenico: Ugo Chiti e l'Arca Azzurra Teatro
Ugo Chiti ha il merito di aver portato sulla scena una toscanità espressionistica, onirica, non consolatoria: grazie anche al sodalizio con una compagnia di attori capace di dare corpo e voce alla sua scrittura (l'Arca Azzurra Teatro) ha negli anni prodotto testi di forte impatto emotivo, che disegnano storie e immagini di una Toscana molto distante dalla comicità becera e di facile consumo presente al cinema e alla televisione.
Ugo Chiti, Drammaturgo e regista
La parola per l'attore
Cosa vuol dire, per un drammaturgo, creare "parole per l'attore"? L'intervento intende mostrare il percorso compiuto verso una scrittura che rappresenti gli attori, che risponda alla loro fisionomia, che renda conto della loro vocalità. Il testo utilizzato per questa "dimostrazione" è Carmina vini, il primo - nella ormai lunga produzione drammaturgica dell'autore - ad articolarsi sulla base di una struttura ben definita e di personaggi nitidamente rappresentati.
Marzio Porro, Professore di Linguistica italiana (Università degli Studi di Milano)
Dentro e fuori il parlato: attorno a un teatro difficile
Le meravigliose invenzioni teatrali che la tradizione italiana ha offerto, lungo i secoli, alle scene dell'Europa e del mondo traggono anche origine dalla ricchezza delle lingue parlate di cui continuamente si sono alimentate e si alimentano. Una condizione di non facile scambio comunicativo sì è così trasformata in una sorta di teatralità costitutiva.
Pausa Caffè
Lucia Poli, Bruno Gambarotta, Simona Marchini
in Un saluto alle lingue delle tre capitali d'Italia
È gradita la conferma ed è previsto un servizio navetta, su prenotazione, con partenza da Piazza Adua, Firenze, per raggiungere la Villa Medicea di Castello.
martedì 15 marzo: ore 13.45 e ore 14.00
mercoledì 16 marzo: ore 9.00 e ore 9.15
(ritorno a termine della sessione di convegno)
info e prenotazioni: info@teatroitalianonelmondo.it - 055 22 64 345
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