Ponte a Greve, 29 novembre 2018: Le parole della politica
L’ultimo incontro del ciclo Avamposti di Unicoop Firenze - Ponte a Greve è stato dedicato alla lingua della politica, con una particolare attenzione alla situazione contemporanea italiana. In rappresentanza della Crusca, l’accademico Michele Cortelazzo ha tenuto una lezione dialogata con i presenti, un nutrito gruppo di soci Coop e, in generale, di interessati al tema.
Molte le questioni toccate dalla riflessione di Cortelazzo, che non si è concentrato sull’analisi di singole parole, ma ha descritto due “mutamenti di paradigma” nell’uso della lingua in politica, soffermandosi sui vari fenomeni linguistici da essi determinati. Il primo dei due, ormai storico, è il passaggio dal “paradigma della superiorità”, proprio di quella che nel linguaggio giornalistico è chiamata “prima repubblica”, al “paradigma del rispecchiamento”, caratteristico della politica italiana dai primi anni Novanta in poi; si passa, insomma, da una situazione in cui una classe politica tecnicamente più preparata del popolo che gli conferisce il mandato adotta un registro linguistico più elevato della media a una situazione in cui la lingua della classe politica ha le stesse connotazioni di registro di quella dell’elettorato medio. Se la lingua del primo paradigma è caratterizzata da lessico più astratto e può degenerare in quello che i linguisti chiamano “politichese”, ossia in un italiano nebuloso e involuto, poco comprensibile per i cittadini, nel paradigma del rispecchiamento il “politichese” è in parte sostituito dal “gentese”, caratterizzato al contrario da scelte linguistiche di registro medio e da un livellamento del lessico.
Il secondo mutamento descritto da Cortelazzo è invece quello a cui assistiamo oggi, e che per tale motivo ha particolarmente interessato il pubblico: quello che ha traghettato la lingua della politica verso una situazione di “iper-rispecchiamento”, nella quale si assiste all’effetto paradossale per cui la classe politica è di nuovo maestra, ma in negativo, nel suo frequente ricorrere agli strumenti linguistici dell’invettiva, del turpiloquio, della violenza verbale, degli slogan e dei plastismi, cioè delle parole e definizioni ormai cristallizzate e quasi "consumate" da un uso eccessivo.
Il dibattito che ha seguito l’esposizione è stato acceso e partecipato: si è parlato del mutare dei mezzi linguistici, dell’esplodere della comunicazione in rete senza intermediari, della diffusione dei forestierismi e di come questi fenomeni incidano sul dibattito politico e siano in grado stimolare a riflettere sul ruolo dell’educazione scolastica e della sensibilizzazione all’importanza della coscienza linguistica e politica.
a cura di Simona Cresti
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