Vegano o veghiano?
Alcuni utenti ci chiedono quale potrebbe essere il nome degli ipotetici abitanti di Vega, anche in considerazione della possibile sovrapposizione con una forma usata per indicare coloro che seguono una dieta esclusivamente vegetale.
Vegano o veghiano?
Il quesito posto dai lettori potrebbe sembrare ozioso, considerato che il pianeta Vega e i suoi abitanti appartengono esclusivamente alla letteratura fantascientifica, tuttavia apre la strada a vari tipi di considerazione.
Abbiamo nel nostro caso: 1) un aggettivo “etnico” o di relazione che fa riferimento a un astronimo inesistente se non nella fantasia di alcuni autori e traduttori; 2) un aggettivo che indica rapporto e correlazione con una stella autentica, Vega (ossia Alpha Lyrae, la più luminosa dell’emisfero celeste boreale dopo Arturo, così battezzata riducendo un sintagma arabo per ‘avvoltoio che plana’), ma in quanto stella evidentemente disabitata; 3) un aggettivo di conio recente che indica un particolare tipo di persona vegetariana.
Come ben evidenziato dagli attentissimi lettori, e in particolare da Italo P. (Bari) a proposito del cartone animato Goldrake (dal 1978), dove l’eroe combatte i nemici provenienti da Vega, gli spettatori attribuivano a questi ultimi il nome di vegani, supportati da qualche puntata in cui veniva usato, appunto, il termine vegani/e. Ma già su alcuni libri dell'epoca era possibile leggere il termine veghiani, generando confusione nel caso esistesse un altro pianeta di nome Veghia. Ora, qual è il termine più corretto, vegano o veghiano?
Nella lingua italiana gli aggettivi etnici che indicano genti e popolazioni appartenenti a una città, regione, stato, continente, ecc. presentano una ricchezza notevole di suffissi, come ben evidenziato dal DETI (Dizionario degli etnici e dei toponimi italiani) di Teresa Cappello e Carlo Tagliavini (Bologna, Pàtron, 1981, ora anche in edizione digitale con introduzione di Paolo D’Achille, Pàtron - in riga edizioni, 2017) e negli studi di Grazia Crocco Galeas (Gli etnici italiani. Studio di morfologia naturale, Padova, Unipress, 1991) e di Franz Rainer (Etnici, in Grossmann-Rainer 2004, pp. 402-408).
Il suffisso di gran lunga più produttivo è -ese, tanto che viene attribuito “a tavolino” nelle guide e negli annuari a quei luoghi che non usano un etnico specifico ma ricorrono alla perifrasi “quelli di ...”. Seguono con frequenza quasi pari i suffissi -ino e -ano; in Italia troviamo il secondo in romano, pisano, mantovano, padovano, trevisano, ascolano, aquilano, teramano, casertano, friulano, padano, ecc.; e nei doppi suffissi -igiano/-esano (astigiano, parmigiano, marchigiano, ecc.) ed -etano/-itano (napoletano, salernitano, palermitano, cagliaritano, ecc.).
Andrà notato che dove la terminazione è -iano – veneziano, emiliano, siciliano, italiano ecc. – la -i- è parte della radice e non del suffisso. Il suffisso -iano, infatti, non è utilizzato per la formazione di etnici (con rarissime eccezioni esotiche: sahariano). Si è invece specializzato in aggettivi che, lessicalizzando un antroponimo, nome personale o soprattutto cognome che sia, indicano il pensiero, le opere, le caratteristiche, l’adesione alle idee, ecc. di uno scrittore, un artista, uno scienziato, un militare, un politico, uno sportivo, un personaggio dello spettacolo: così manzoniano, dannunziano, felliniano, mussoliniano, berlusconiano, salviniano e via dicendo (si tratta di centinaia di voci registrate nei dizionari e migliaia attestate in rete).
Pertanto da un qualsiasi toponimo ed anche astronimo Vega ci attenderemmo vegano e non veghiano. Si può tuttavia obiettare che, proprio in campo astronimico, ciò che si riferisce a Venere e a Marte è detto rispettivamente venusiano e marziano, anche se gli aggettivi (o sostantivi nel caso di racconti fantascientifici) sono stati introdotti in italiano attraverso i francesi vénusien e martien; in mercuriano la -i- è parte del nome base; e gli aggettivi gioviano, saturniano, uraniano, nettuniano, plutoniano si sono formati ad imitazione dei primi (ma per la luna si usa selenita). Ecco perché l’uso di veghiano non rappresenta un fatto eccezionale e tanto meno... scandaloso. Inoltre, se gli autori dei racconti fantascientifici hanno usato entrambi i termini, è difficile negare diritto di cittadinanza a uno dei due.
Passando all’altra possibile confusione terminologica, chi è nato prima: il ‘tipo di vegetariano’ o ‘ciò che si riferisce all’astronimo Vega’ (inteso sia come stella reale che come pianeta immaginario)? Un po’ di cronologia: vegano in alimentazione, dall’inglese vegan, forma contratta di vegetarian, è voce inventata da Donald Watson nei primi anni ’80 del XX secolo. Il vocabolario Zingarelli lo registra dal 1998, datandone la prima attestazione nel 1993; il GRADIT nel 1999 lo ignora, ma documenta vegan (sec. XX), veganiano (sec. XX) e veganista (1986), rinviando a vegetaliano (1986), vegetalismo e vegetalista (ancora genericamente al sec. XX). [Per la trattazione di questi termini si rimanda alla scheda di Barbara Patella su questo stesso sito]
Vegano nella fantascienza è anteriore, presente in romanzi e dal 1978 in TV (UfoRobot Goldrake). L’informatissimo sito iVeganiDiVega presenta una lunga lista di romanzi che s’inizia con Guerra nella Galassia (collana “Urania”, 20 aprile 1953, a firma Edmond Hamilton, tit. orig. The Star Kings 1947, trad. Patrizio Dalloro) e si continua con altri 11 titoli prima del 1980, tra cui Il vegano, racconto nella raccolta, sempre di “Urania”, Le strade dell’invasione (1967). Poiché Patrizio Dalloro è uno degli pseudonimi usati da Giorgio Monicelli, curatore della collana (fratello maggiore del regista Mario e inventore del termine fantascienza con un calco dall’ingl. science fiction), è verosimilmente attribuibile a lui la prima occorrenza di vegano.
Il sito precisa che due occorrenze di vegano, come sostantivo e come aggettivo, figurano nella puntata n. 24 di “Atlas Ufo Robot” trasmessa dalla ReteDue Rai il 5 maggio 1978, a poche settimane dalla pubblicazione del libro Giunti-Marzocco dedicato allo stesso Ufo Robot dove è invece attestato veghiani, probabile adattamento del francese véghiens. Dopo un periodo di convivenza a frequenza simile, veghiano ha continuato ad essere usato nei fumetti prendendo il sopravvento.
I lettori si chiedono cosa accadrebbe di fronte all’invenzione di un astronimo Veghia. E, molto più realisticamente, che fare ora che il termine vegano legato alla dieta registra una crescente diffusione? In entrambi i casi, la risposta è molto semplice: le omonimie sono sempre esistite e non danneggiano una lingua, specie quando i contesti, come in questo caso, possono facilmente dissipare i dubbi. Peraltro, chi oltre a occuparsi di astri e di fantascienza amasse la letteratura (spagnola in particolare) ricorderà il grande commediografo seicentesco Félix Lope de Vega, non tanto per il suo raro aggettivo derivativo, che è semmai lopiano e non vegano/veghiano (anche se nella tesi di dottorato di Francesca De Santis, Il manoscritto magliabechiano VII-353. Edizione e testi e studio, Università degli Studi di Pisa, a.a. 2005-2006, rel. Blanca Periñán, si legge due volte “commedie lopeveghiane” pp. 130 e 271 e una volta “versi lopeveghiani”, p. 185); quanto perché il suo predicato nobiliare rimanda al diffuso toponimo iberico Vega; trattasi di voce prelatina per ‘riviera, terreno basso, piano generalmente attraversato da un fiume’, ben diffuso anche preceduto da articolo o pluralizzato (Las Vegas presso Toledo e nel Nevada), da cui i cognomi Vega, De Vega, De la Vega, Vegas, Veiga e gli etnici come veganos almeno per Vega de Raiponce presso Valladolid.
Tanto vale, allora, divertirsi con la lingua: un blog spagnolo destinato ai vegetariani estremi valorizza la “órbita vegana”, giocando proprio sul bisenso dell’aggettivo e a Madrid un ristorante vegano sorge in calle Lope de Vega.
Enzo Caffarelli